La terza edizione di CardioNextGen ha confermato la propria vocazione di laboratorio esperienziale per i giovani cardiologi italiani. Due giornate di formazione intensiva, con sessioni dedicate alle principali procedure di terapia intensiva hanno messo al centro la pratica clinica, il confronto e la crescita professionale in un ambiente sicuro e interattivo
“I giovani cardiologi sono il futuro della nostra disciplina – spiega Nicola Gasparetto, responsabile della terapia intensiva cardiologica dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso e responsabile scientifico del congresso –. Hanno conoscenze fresche, ma devono affiancarle alla pratica e all’esperienza. Eventi come questo permettono loro di provare, sperimentare, simulare procedure complesse in contesti realistici, affrontando anche situazioni che nella vita professionale possono capitare una sola volta. È un modo per imparare a gestire l’urgenza e le decisioni rapide con sicurezza e consapevolezza”.
Un approccio condiviso anche da Ilaria Battistoni, cardiologa presso gli Ospedali Riuniti di Ancona, che sottolinea il valore del training in simulazione: “Essere in un contenitore protetto dove si può sperimentare in sicurezza è un privilegio. La didattica frontale resta utile, ma la possibilità di mettersi alla prova concretamente è ciò che davvero consolida le competenze”.
Semplificazione terapeutica e nuove esigenze cliniche
Se la formazione resta il cuore del congresso, l’evento è stata l’occasione per ascoltare la voce dei giovani cardiologi sulla loro esperienza clinica e su come, da loro punto di vista, si possa migliorare l’aderenza terapeutica dei pazienti.
Per Francesco Venturelli, cardiologo all’Ospedale di Udine, l’esigenza principale di un giovane cardiologo nell’ottica della semplificazione terapeutica consiste nel ricevere una formazione adeguata, basata su evidenze e fatti. “Dobbiamo ottenere una terapia più snella possibile per il paziente: spesso quando visitiamo i pazienti in un setting ambulatoriale riscontriamo disorganizzazione e difficoltà nell’assunzione della terapia, perché a volte si inseriscono troppi farmaci”. La chiave è la semplificazione e, quando possibile, l’uso di polipillole per ridurre il carico di farmaci e aumentare la compliance del paziente.
Un concetto ripreso anche da Davide Mariani, Cardiologo presso l’Ospedale San Luca di Milano, secondo cui l’esigenza di un giovane cardiologo per la semplificazione terapeutica dei pazienti riguarda soprattutto l’introduzione di farmaci associat. “L’utilizzo di una sola compressa contenente diversi principi attivi permette di ridurre lo stress dell’assunzione della terapia, migliorando potenzialmente la compliance del paziente alla terapia. Questo può aiutare sia il medico che il paziente nella gestione sempre più complessa dei fattori di rischio cardiovascolare”.
Dal blister da 30 a quello da 60: piccoli gesti, grande impatto
Un aspetto che, secondo i cardiologi intervistati, favorisce l’aderenza terapeutica del paziente è per esempio il passaggio dai blister da 30 a 60 compresse di statine. Come spiega Mirko Schivalocchi, specializzando in cardiologia al San Raffaele di Milano, “in un contesto in cui la medicina territoriale è in difficoltà e i medici di base spesso non riescono a seguire tutti i pazienti, aumentare il numero di compresse per confezione può migliorare l’aderenza terapeutica, soprattutto per le persone più disorganizzate o con difficoltà nel rinnovare le prescrizioni. È un cambiamento che può avere un impatto”.
CardioNextGen si conferma un punto d’incontro tra formazione, innovazione terapeutica e riflessione sulle esigenze concrete dei giovani professionisti. In un’epoca di rapida evoluzione tecnologica e di crescente complessità assistenziale, l’obiettivo è duplice: formare mani competenti e menti consapevoli, e allo stesso tempo promuovere una cardiologia sempre più semplice, aderente e centrata sul paziente.
